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1 gennaio 1946. Mister OK, l’italo belga Rick De Sonay per festeggiare i suoi 47 anni  si tuffa nel Tevere in costume e cilindro a mezzogiorno, subito dopo lo sparo del cannone del Gianicolo. Un salto a volo d’angelo dal ponte Cavour, alto 18 metri. Appena riemerso dall’acqua, Rick De Sonay mostra l’ okay con la mano e da questo saluto alla folla prende il soprannome che lo ha accompagnato tutta la vita, fino agli anni ottanta quando decide di smettere per raggiunti limiti di età. Il testimone viene raccolto da Maurizio Palmulli mitico bagnino dell’ancor più mitico Kursal di Ostia, che anche quest’anno, benché settantenne si è puntualmente lanciato, dal solito ponte Cavour, per il suo 35° tuffo nel Tevere.

 

4 gennaio 1944. Il treno numero 64155 diretto a Innsbruck parte puntuale alle 20.40 dallo Scalo Tiburtino; a bordo ci sono 292 cittadini romani, definiti elementi indesiderabili rastrellati in varie parti di Roma e in parte prelevati da Regina Coeli. Il treno è scortato fino al Brennero da 20 agenti della Pubblica Sicurezza Italiana. Tra i deportati ci sono i nipoti di Badoglio, i fabbri di Via delle fornaci e undici romani ebrei.                                     .
Mario Limentani, scomparso nel 2014, ricordava che all’arrivo a Mauthausen il 12 gennaio, gli cucirono “una stella fatta con due triangoli: uno rosso con IT perché ero italiano e m’avevano portato con i politici e uno giallo perché ero ebreo”. Dei 292 “sovversivi” partiti da Roma ne sopravvissero solo 61.

 

6 gennaio, Befana a Piazza Venezia. Negli anni  dopo la Seconda Guerra Mondiale, il 6 gennaio, cittadini e commercianti presero l’abitudine di donare generi di prima necessità ai vigili, per aiutare le loro famiglie in difficoltà economica. Accanto alle postazioni dei vigili di tutta Italia, veniva accatastato ogni genere di prodotti utili: dolci, bottiglie di spumante, gli immancabili panettoni, olio, pasta, addirittura bombole di gas. A Roma il “deposito “ era vicino la pedana del “Pizzardone” che, con movenze da ballerino, dirigeva il caotico (già allora) traffico in Piazza Venezia. Questa tradizione aveva un doppio significato: quello di riconoscenza per il lavoro svolto dai Vigili Urbani in città e quello della solidarietà verso le persone meno abbienti. Nei giorni successivi, infatti, una parte dei doni ricevuti dalla popolazione veniva devoluta a scopo benefico. Negli anni ’60 con il boom economico e l’aumento del numero di semafori, la tradizione andò scemando. In alcune città però, è stata di recente ripristinata.

 

9 gennaio 1900. Qualcuno insinua che la data di fondazione è da retrodatare di almeno due anni, ma ufficialmente questa è la nascita della  Società Podistica Lazio che dal 19 giugno 1926 fu rinominata Società Sportiva Lazio. Nove ragazzi, con a capo il sottoufficiale dei Bersaglieri e atleta podista, Luigi Bigiarelli, in Piazza della Libertà, nel rione Prati, decisero di creare una società podistica a cui diedero il nome di “Lazio” per indicare qualcosa di più grande della stessa Roma (ma forse esisteva già una società con questo nome). I colori Bianco e Celeste furono presi dalla bandiera greca, patria delle Olimpiadi.

19 gennaio 1988. Davanti a centinaia tra dottori e infermieri, il professor Guido Baccelli, insieme a Francesco Durante, accoglie  Re Umberto I e la Regina Margherita: “A voi dunque spetta, o Sire, porre la prima pietra di questo grande istituto…”. E il Re cosparge di calce fresca la pietra fondativa, che viene poi calata nella fossa. Purtroppo non potrà vedere finito il grande policlinico, i cui lavori si prolungheranno oltre ogni attesa: il 29 luglio 1900, a Monza, l’anarchico Gaetano Bresci uccide Umberto I con tre colpi di rivoltella. Quando finalmente nel 1902 il Policlinico progettato da Giulio Podesti verrà inaugurato, porterà il nome del defunto Re. Nella cappella dell’Istituto si possono vedere i volti dei due grandi medici e padri fondatori della struttura, Baccelli e Durante, rappresentati spalla a spalla.

27 gennaio 1945. Le truppe sovietiche della 60ª Armata arrivano alle porte della città polacca di Oświęcim, in tedesco Auschwitz, il più grande dei campi di sterminio nazisti, fondamentale per la Soluzione Finale. Gli ebrei deportati dall’Italia sono destinati quasi totalmente ad Auschwitz e solo una piccola minoranza ad altri campi, come Bergen Belsen e Buchenwald. Iniziata dai nazisti subito dopo l’armistizio del 8 settembre ’44, con l’aiuto degli appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana, la persecuzione degli ebrei è costata la vita a circa 7.500 cittadini, circa il 13% dei 58.412 italiani di “razza ebraica” censiti nel 1938.

29 gennaio. L’ultima domenica di gennaio, nella basilica di Santa Maria Maggiore, il più antico santuario mariano di tutto l’occidente, viene celebrata la festa della Traslazione dell’icona Salus populi Romani, a cui la tradizione popolare attribuisce numerosi miracoli. La festa è molto sentita e partecipata dai romani, che vedono in questa icona la Madonna di Roma. L’immagine, secondo gli studi più recenti, sarebbe opera di un autore anonimo datata tra il IX e il XII secolo. Maria ha il figlio in braccio, nella mano sinistra tiene un fazzoletto, pronta ad asciugare le lacrime di chi, piangente, si rivolge a lei per chiedere aiuto. Le lettere greche sullo sfondo sono le abbreviazioni di Mèter Theoù, “madre di Dio”, secondo la definizione del concilio di Efeso. Giovanni Paolo II affidò l’immagine ai giovani nella giornata mondiale della gioventù di Roma nel 2000. «D’ora in poi, insieme alla Croce, essa accompagnerà le Giornate Mondiali della Gioventù. Sarà segno della materna presenza di Maria accanto ai giovani, chiamati, come l’apostolo Giovanni, ad accoglierla nella loro vita» disse il Papa all’Angelus il 13 aprile 2003.

A cura di LUIGI STANZIANI

 

 

i nostri appuntamenti di gennaio

La rete si propone di promuovere lo studio della storia della città, attraverso gli eventi e i protagonisti di una vicenda plurisecolare dall’antichità a oggi, da quelli più celebri, ma che per i giovani rimangono spesso confinati nelle righe di un libro, a quelli legati invece alla vita quotidiana dei quartieri, a coloro che li hanno abitati e che si sono trasformati in eroi ‘per caso’. Di questi si è persa la memoria pulsante: il ricordo è stato consegnato all’odonomastica, a iscrizioni e lapidi sui muri che costellano la nostra città ma che rimangono mute ai più. Tuttavia la grande storia è anche fatta dalle piccole storie di questi eroi inconsapevoli che, davanti all’ingiustizia, sono stati capaci di non voltarsi dall’altra parte, mossi non da protagonismo, ma da umanità, solidarietà, senso civico. Per questo crediamo che conoscere le loro storia sia importante per l’educazione dei cittadini di domani: in questo modo la città smette di essere un agglomerato di edifici e monumenti ma diventa una comunità di donne e omini eredi di un passato che li unisce e non smette di insegnare i grandi valori su cui si fonda la nostra società.

In questa sezione sono raccolti i lavori delle studentesse e degli studenti e dei docenti delle scuole che partecipano alla rete.

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